testo di S.S. Karmapa Trinley Thaye Dorje
La pratica buddhista, in tutte le tradizioni buddhiste, inizia con la presa di rifugio nei Tre Gioielli, cioè nel Buddha, Dharma e Sangha: questa è la porta attraverso cui si inizia il cammino buddhista, con l’intento di andare oltre la sofferenza dell’esistenza ciclica.
Prendere rifugio nel Buddha significa che il praticante buddhista genera un profondo apprezzamento e rispetto per Buddha, lo stato illuminato con tutte le sue qualità di saggezza e compassione. Prende rifugio anche nel Buddha Shakyamuni come autentico maestro spirituale, come colui che ha realizzato pienamente lo stato del risveglio e per questo ha la capacità di mostrare questo cammino agli altri e guidarli su di esso.
Prendere rifugio nel Dharma vuol dire che il praticante si dedica a studiare e applicare i metodi insegnati dal Buddha. È il processo che lui stesso ha attraversato. Applicare le sue istruzioni significa che il praticante gradualmente elimina tutti i veli che oscurano la vera natura della sua mente di Buddha. Così il Buddha-dharma è il rimedio contro tutte le illusioni samsariche.
Prendere rifugio nel Sangha è relativo ai maestri illuminati che hanno praticato loro stessi questo cammino e quindi sono autentici amici spirituali per gli altri praticanti. Quindi si prende rifugio nel nobile Sanghain quanto guide e amici spirituali sul cammino.
Nel Buddhismo Theravada il praticante prende rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha da ora fino alla morte. Nel Buddhismo Mahayana il praticante prende rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha da ora fino al raggiungimento di Buddha, lo stato illuminato, e lo fa con l’obiettivo di aiutare tutti gli esseri senzienti a liberarsi dalla sofferenza dell’esistenza ciclica.
Prendendo rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha il praticante potrà raggiungere l’Illuminazione, perchè questa è insita nella sua stessa natura. Basato sul potenziale dell’Illuminazione che è la vera natura della mente di ciascun individuo è perfettamente pura in se stessa, il praticante accede al suo potenziale affidandosi al supporto autentico dei Tre Gioielli e la via per realizzarlo è prendere rifugio in loro con fiducia e dedizione.
Il rifugio buddhista
Prendere rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha ci protegge dalla sofferenza dell’esistenza ciclica: generiamo una fiducia profonda nel nostro potenziale di Buddha e applicando i metodi buddhisti ci asteniamo da tutte le azioni che avrebbero come risultato la sofferenza. In questo modo siamo protetti dalla sofferenza.
Riceviamo il rifugio buddhista da un maestro spirituale autentico nel corso della cosiddetta cerimonia del rifugio. Il maestro prima recita diverse preghiere che lodano le qualità dei Tre Gioielli. Poi chiede all’allievo di ripetere queste frasi:
Venerabile maestro, ti prego pensa a me
Io, (nome), da ora fino alla morte prendo rifugio nel Buddha, il supremo tra gli uomini.
Prendo rifugio nel Dharma, il supremo tra tutto ciò che è libero da attaccamento.
Prendo rifugio nel Sangha, la suprema tra le assemblee.
Venerabile maestro, ti prego di accettarmi come buddhista che si attiene ai tre aspetti del rifugio da ora fino alla morte.
Poi il maestro spirituale chiede all’allievo se è contento che il maestro gli tagli i capelli. Si tratta di un gesto simbolico che indica che il nuovo buddhista seguirà le orme del Buddha che a sua volta si tagliò i capelli quando iniziò il suo cammino spirituale. Perciò l’allievo risponde:
Sì, ne sono felice.
Il maestro taglia una piccola ciocca di capelli all’allievo e gli conferisce il cosiddetto nome di rifugio, un nome beneaugurante che indica l’inizio della sua vita buddhista. Ripetendo un’altra volta i versi del rifugio di cui sopra, l’allievo inserisce il suo nuovo nome. Allora il maestro schiocca le dita dicendo:
Questo è il metodo.
L’allievo risponde:
È meraviglioso.
La cerimonia di solito si conclude con la recita di preghiere di auspicio e la dedica dei meriti accumulati.
Il Buddha
Buddha, lo stato illuminato, è uno stato di realizzazione e di qualità perfette. Questa è la meta a cui tendiamo e come potenziale è la natura autentica di ogni essere senziente. Il termine sanscrito “Buddha” significa letteralmente “stato risvegliato”. “Sang” nel termine tibetano “sang-gye” significa puro e purificato e “gye” significa espanso, sbocciato. “Sang” quindi indica che la natura autentica della mente è pura in se stessa e che lo stato risvegliato è uno stato in cui tutti i veli che oscurano la mente sono completamente eliminati. “Gye” indica che questa realizzazione, naturalmente dotata di qualità, le qualità latenti della mente che sono completamente sbocciate. Le qualità di Buddha, lo stato illuminato, sono saggezza, compassione, gioia, mancanza di paura ecc., e si esprimono spontaneamente per il beneficio degli altri. Il Buddha storico della nostra epoca, il Buddha Shakyamuni ha manifestato questo stato della mente circa 2.500 anni fa e ha offerto ai suoi allievi un cammino costituito da metodi che permettono di realizzarlo. Per questo i buddhisti venerano il Buddha Shakyamuni come loro autorevole guida spirituale e prendono rifugio in lui come maestro spirituale.
Il Dharma
Il Dharma comprende due aspetti: il Dharma delle spiegazioni e il Dharmadella realizzazione. Il Dharma delle spiegazioni si riferisce alle parole del Buddha e alle loro spiegazioni autentiche. Prendere rifugio nel Dharmadelle spiegazioni significa ascoltare questi insegnamenti, contemplarne il significato e coltivare la nostra comprensione attraverso il processo della meditazione. Il Dharma della realizzazione si riferisce al processo del realizzare la vera natura della realtà, la natura della nostra mente. Questo è l’aspetto ultimo della presa di rifugio nel Dharma.
Il Sangha
In via di principio, il termine Sangha si riferisce ai praticanti buddhisti che hanno ricevuto l’ordinazione. Nel contesto della presa di rifugio, però, “sangha” si riferisce in particolare ai praticanti buddhisti che hanno ottenuto il risultato del cammino: la liberazione dall’esistenza ciclica i Nobili. Grazie alla loro esperienza e maturità hanno la capacità di agire come autentici amici spirituali nei confronti degli altri praticanti. Perciò si prende rifugio in questo tipo particolare di praticanti buddhisti, i Nobili.
Il beneficio del rifugio
Il Buddha disse nel Grande Sutra del Paranirvana:
Prendendo rifugio nei Tre Gioielli, otterrete lo stato privo di paura
E, per esempio, Gampopa, uno dei grandi fondatori della scuola Kagyu, disse:
Il beneficio della presa di rifugio è ottuplice: intraprendiamo il cammino interiore, cioè buddhista; generiamo la base per tutti gli impegni; gli atti negativi del passato si esauriranno; gli ostacoli non potranno più danneggiarci; compiamo tutto ciò che desideriamo; otteniamo la grande causa di merito; non cadremo negli stati inferiori di esistenza; e otteniamo velocemente buddha, lo stato illuminato.
L’addestramento che accompagna la presa di rifugio
Ci sono tre addestramenti fondamentali, tre addestramenti particolari e tre addestramenti comuni. I tre addestramenti fondamentali consistono nello sforzarsi costantemente:
– di apprezzare profondamente i Tre Gioielli e di fare offerte;
– di non abbandonare i Tre Gioielli nemmeno a rischio della propria vita o in cambio di grandi ricompense e
– di prendere rifugio ripetutamente ricordando le qualità dei Tre Gioielli.
I tre addestramenti fondamentali sono che:
– avendo preso rifugio in Buddha, lo stato illuminato, non cerchiamo più di prendere rifugio in esseri che sono confinati nell’esistenza ciclica;
– avendo preso rifugio nel Dharma, non danneggiamo più gli altri esseri senzienti e
– avendo preso rifugio nel Sangha, non ci lasciamo più influenzare dalle persone la cui visione e la cui condotta sono in conflitto con il Dharma.
I tre addestramenti comuni sono:
– rispettare il Buddha in qualsiasi forma, si tratti di dipinti, statue o altre immagini del Buddha;
– rispettare il dharma, cioè le scritture e i testi del Dharma e
– rispettare il Sangha e ciò che rappresenta il Sangha ordinato, come gli abiti dei monaci.
I potenziamenti, o iniziazioni, svolgono un ruolo essenziale, in quanto rendono possibile la pratica vajrayana. La pratica consiste in due stadi principali, associati agli yidam (aspetti del Buddha), in cui gli yidam sono le diverse espressioni di buddha, lo stato illuminato. I due stadi sono lo stadio di generazione e lo stadio di completamento. Nello stadio di generazione, il praticante genera il mondo del Sambhogakaya. Negli stadi di completamento, il praticante completa la sua comprensione della realtà ultima, cioè del Dharmakaya.
Tramite questi due stadi il praticante mira a superare tutte le tendenze che lo intrappolano nell’esistenza ciclica. Applicando la pratica basata sull’iniziazione, la pratica dei Tantra buddhisti, il praticante aspira a ottenere la libertà dagli schemi mentali che altrimenti gli fanno vivere una vita samsarica facendolo passare attraverso la morte verso una rinascita successiva ecc. Una sottocategoria dell’iniziazione è il permesso susseguente, che in molti casi è trasmesso ai discepoli pubblicamente. Permette loro di intraprendere il tipo corrispondente di pratica meditativa, come, per esempio, quella di Avalokiteshvara (Chenresig).
Le iniziazioni appartengono al livello vajrayana degli insegnamenti del Buddha. In Occidente, spesso il Vajrayana è identificato semplicemente con il Buddhismo tibetano. Il Vajrayana consiste in metodi altamente efficaci che vengono praticati e basati su altri insegnamenti del Buddha; sono una parte del Buddhismo mahayana. Le iniziazioni sono la “porta’’ necessaria attraverso cui il praticante entra nella pratica del Vajrayana.
Essenzialmente, il fine di queste iniziazioni è di guidare il praticante verso una comprensione profonda della natura della sua mente, la natura della realtà. Procedendo da questo impulso iniziale, il praticante continua ad approfondire la sua comprensione per mezzo di una pratica costante. Nel corso dell’aspetto esterno, rituale, dell’iniziazione, il maestro vajrayana recita il testo prescritto, accompagnando la meditazione con gli strumenti rituali. Usa anche degli oggetti simbolici, come il vaso e varie immagini. Il maestro vajrayana alla fine tocca i praticanti con questi oggetti, per mostrare che le parti individuali che costituiscono l’iniziazione sono state effettivamente trasmesse.
Dopo avere ricevuto l’iniziazione è essenziale mantenere i samaya (impegni) che le sono associati. In effetti, praticare il Vajrayana significa coltivare questi impegni per mezzo di una pratica costante.